Le poesie vincitrici
1° Classificata: Daniela Raimondi di Saltrio (VA).
Resurrectio
Non ho nessuna vocazione per la morte.
Ho salito palmo a palmo la mia croce
ma i chiodi non sono serviti.
Ho rimosso la lancia dal costato,
il verme da dentro la ferita
e sono scesa.
Di nuovo ho camminato sulla terra.
Sono andata, cieca mendicante,
e ho sparso sulla terra ovuli infecondi,
unghie, cenere
i trentasette semi della mia povertà.
Ho trascinato per le strade
la sindone di un corpo non amato
le mie uova morte.
Ora nascondo con cura
la mia amputazione.
Ogni sera, tre pillole sotto la lingua
e risorgo. Anestetica. Pulita.
Una Nefertiti col viso di porcellana
e il midollo malato.
E ogni volta riesumo
l’antico respiro di branchie,
un cuore porpora
vivido come un affresco.
Entro la stanza bianca,
la quarantena immacolata.
Un’acqua limpida come la nascita
sanerà la mia bocca di spore,
la lingua gonfia.
Questa casa ha cortili ossuti,
vene di sasso.
Fuori la città ha muri di carta,
un polmone di acciaio.
Dio respira nel letargo tranquillo dei feti.
Il mio occhio meccanico
punta alla luna
e ricorda,
ricorda.
2° Classificata: Patrizia Santi di San Cesario sul Panaro (MO).
Attesa
M’inarco all’esistenza
M’increspo agli anni, aspramente.
Come gancio arrugginito
non cedo allo stupore;
rallento la vita, rallento ogni mio nervo.
Attendo reclinata l’incedere della mia umana vicenda,
al margine.
Percepisco la resistenza della mia fronte torturata
fango secco, solco mutilato.
Eppure scorro
divengo ogni giorno forma,
lento flusso
lieve spasimo
impercettibile vestigio.
3° Classificata:
Gabriella Kuferzin di S. Martino di Lupari (PD).
Aere Perennius
Più duraturo di ogni bronzo
forgiato da periture mani resta
il verso tuo e il suo fascino supremo
che salva i giorni miei e li sovrasta
galassie di meditazioni su impenetrabili
grafie consacri ai posteri
ogni crepuscolo
e invano indago
con curiosità adorante
passando gatta distrattamente accanto
agli occhi tuoi assorti o al lembo di un sorriso
ai pensieri che allagano le pagine d’inchiostro che
per tuo tacito volere non lessi mai
ché non per me
ne scrivi né per te
forse per i figli dei nostri figli
o per chi vorrà sbrogliare
quegli alambicchi
da cui distilli nettare di verbo
pietre filosofali chiudi
ogni notte i diari tuoi
tabernacoli di genesi e di frutti
della tua Ars Poetandi.